In questa pandemia ho imparato una lezione che, in un certo senso, avrei dovuto conoscere da tempo: più cerchi di sapere e di capire, più non ci capisci niente.

Ne ho avuto l’ennesima dimostrazione questo pomeriggio, quando nonostante il costante aumento di casi (ormai fisso attorno a quota 500 al giorno) è venuto fuori che da lunedì torneremo in zona arancione. Il che di per se è un bel grattacapo: com’è possibile essere zona rossa con meno di 300 casi al giorno e non esserlo con oltre 500?

Sarà una domanda scontata, ma in Calabria, ad oggi, non abbiamo una situazione sotto controllo. Sono i medici a ricordare, ormai quasi quotidianamente, che gli ospedali sono saturi, e che non basta riconvertire i letti degli altri reparti per fronteggiare meglio la situazione.

Già, non basta. Però basta a cambiare i numeri e le statistiche. E così, nonostante le criticità, torniamo in zona arancione e sono tutti contenti. Si prospetta una settimana di proteste in città – così si vocifera – per chiedere aiuti, sgravi, aperture, libertà, e chi più ne ha più ne metta.

Ma ora mi permetto di azzardare una considerazione. Non so ancora a quanto sia sceso l’indice Rt monitorato dalla cabina di regia: la scorsa volta era ad 1.37, per sapere quello che ha decretato il cambio di colore dovremo attendere almeno lunedì. Tuttavia, credo che salirà nuovamente.

A questo punto, non so che pensare. La vaccinazione non decolla, tra scettici e malfunzionamenti, le istituzioni litigano e la politica fa bordello senza concludere niente. Nel mentre, la popolazione aspetta. E poi si cambia idea, si stravolgono piani, si cambia linea.

Questa pandemia – anzi, la sua gestione – rispecchia pacatamente lo spirito italiano: tutti vogliono decidere, ma alla fine non si decide mai nulla per davvero, e si fa un po’ come cazzo ci pare.

Non ci resta che attendere la prossima settimana, che sarà sicuramente caratterizzata dal tema delle riaperture. Che in fondo, ci importa veramente dei contagi?

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