Come ricorderete, ad inizio anno mi prefissai l’obiettivo di essere più attivo, di fare più movimento pur senza fare uno sport. Una necessità dettata più dalle scarse finanze che non dalla mancanza di volontà. Per raggiungere l’obiettivo, mi comprai addirittura uno smartwatch al fine di monitorare i progressi e vedere cosa sarei davvero stato in grado di fare.

Bene, oggi che inizia luglio – e che si conclude la prima metà dell’anno – posso tirare due somme. Da gennaio ho svolto 317 allenamenti tra camminata, corsa, ciclismo urbano e nuoto in mare, più scarsi momenti di attività libera. Una media, dunque, di poco meno di due allenamenti al giorno.

Impressionate, almeno per il sottoscritto, il numero di ore dedicate all’attività fisica: 163, durante le quali ho percorso la bellezza di oltre 630 chilometri. Mi sembrano numeri importanti, nella mia realtà di sedentario amante di poltrone e divani, e già mi galvanizza l’idea che tali cifre aumenteranno esponenzialmente con l’estate.

Tutti questi numeri sono attraenti, perché mettono nero su bianco uno sforzo altrimenti difficile da quantificare. Non saprei dire se siano validi o meno, ma restano pur sempre un buon traguardo: alla fine la fuori è una palestra naturale, ed è pur sempre meglio di non far nulla.

Resta però il dilemma di monitorare tutti questi sforzi, di salvare tutti questi dati e di avere con se questo costante monitoraggio che sa esattamente dove sei, che attività fai, che schedula la tua routine e sa anche quando ti addormenti e ti svegli. Serve davvero? Ha senso farlo, se non per puro vouyerismo?

A questa domanda non ho risposta, ancora. Come ogni cosa, valuterò dopo un attento periodo di prova, anche perché coi numeri e le statistiche non basta qualche mese per vedere dei veri progressi.

Per ora, non mi resta che continuare senza perdere il ritmo.

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