Questa mattina, uscito di buon ora con il cane (per non fargli patire le pene dell’inferno col selciato bollente) ho incontrato, come ogni mattina, tutti gli altri proprietari della zona. Un rituale che prosegue ormai da anni, e che permette anche qualche attimo di chiacchiere leggere e tranquille.

Come ogni mattina, a riposare al fresco di un grande cespuglio piantato a ridosso dei gradoni, una delle anziane del quartiere, anche lei a riparo dal sole già rovente a primo mattino. Assieme a lei, il suo cane, Max, anche lui vecchio tanto quanto la padrona (se non addirittura di più).

Max è proprio vecchio. È prossimo alla morte, ma qualcuno, qualche giorno addietro, ha tentato anche di avvelenarlo. Non ci vede, non ha quasi più denti e ci sente a malapena. Inoltre, l’artrite gli blocca quasi completamente le zampe. È un cane innoquo, non abbaia più, raramente fa qualche verso e si trascina, lento, tra casa e l’ombra di qualche pianta.

Più persone hanno fatto notare all’anziana signora come la condizione dell’animale suggerisse di pensare ad un abbattimento volontario. Ma la donna, irremovibile, non ci pensa proprio: anche perché mangia e beve di gusto, fa i suoi bisogni e dimostra ancora il suo affetto cercando coccole e scodinzolando. Perché ucciderlo? Morirà quando sarà il momento.

Questa mattina, ancora scossa per quelle polpette avvelenate, ha pensato per un solo istante all’eventualità della morte improvvisa del suo amato cagnolino. I discorsi leggeri e tranquilli sul caldo, sull’andare a mare, sugli altri cagnolini che incontrava, virarono improvvisamente al più cupo futuro, in cui, sicuramente, Max non ci sarebbe più stato.

Tu non sai l’aiuto che mi ha dato“, mi ha detto fissandomi freddamente negli occhi, fissa, liberata da ogni tremolio che la vecchiaia impone. “Io ho perso una figlia, non in un anno, ma in un mese. Lo sai cosa si prova? Lo sai cosa vuol dire? Se non ci fosse stato lui, io non so che fine avrei fatto“.

Una confessione lampo, di quelle che ti lasciano interdetto. Non puoi dire nulla. Ho perso amici (anche stretti) e conoscenti, ma una figlia… non puoi neanche annuire, solo rimanere con una insensata, patetica ed inutile smorfia sul viso.

Tu non sai l’aiuto che mi ha dato” ripete ancora. “Anche solo l’aiuto psicologico no, di uscire di casa, di parlare con qualcuno, di non morire anche io povera e pazza“.

Ecco, uno non ci pensa mai all’aiuto, effettivo, che ti da un cane. Non è solo un passatempo, una piacevole compagnia, un’altra bocca da sfamare o un sacco di pulci irresistibile. Un cane è tanto altro, sopratutto per qualcuno. È un amico, un familiare, un supporto.

È pur sempre, solo ed esclusivamente, un animale, pur non essendo, solo ed esclusivamente, un animale.

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