Ignazio La Russa è risorto. Era politicamente morto e sepolto, alla conclusione di una carriera lunga ed innegabilmente interessante (e non sono sarcastico), eppure oggi ci troviamo a dover leggere le sue scemenze, a commentarle, a smentirle. Ancora. E così sarà finché avrà fiato in gola.

Un merito tutto del governo Meloni, che oramai ci ha abituato a sparate sempre più alte. Giorno dopo giorno, la cazzata è sempre più grande. Solo che La Russa ci mette il suo, e nel giro di qualche settimana ne mette in fila addirittura due.

La concezione storica di La Russa, daltronde, è falsata dal suo essere dichiaratamente un fascio. È inutile negarlo o girarci in torno: per credere alla storia della banda musicale di neo-pensionati ce ne vuole: o si è ingenui o si è in malafede. E La Russa è evidentemente in malafede.

Oggi però si è superato, perché in un intervista avrebbe dichiarato che l’antifascismo non è nella Costituzione. È una dichiarazione estremamente grave per la seconda carica dello Stato, ben più grave delle sue opinioni personali (e false) sulla storia. Perché la Costituzione è antifascista.

Non fosse solo per l’articolo 48 della stessa, bisognerebbe ricordare che il tutto venne scritto per favorire la vita democratica di un paese falcidiato dalla dittatura. La stessa che permette a La Russa di dire ciò che gli passa per la testa con una leggerezza disarmante per il ruolo che ricopre.

Ovviamente, anche in questo caso ha subito fatto marcia in dietro, perché a suo dire avrebbe inteso che nel testo non si trova la parola “antifascista”. Perché oltre che fascio, La Russa è anche un gran paraculo: e dopo una vita spesa in politica non potrebbe essere altrimenti.

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