Oggi apprendiamo con un grande senso di impotenza che Israele ha rotto il cessate il fuoco ancora in vigore, bombardando un campo profughi ed uccidendo oltre 400 civili, già in fuga dai precedenti bombardamenti e “rinchiusi” in una zona che doveva essere sicura. È solo l’ultima incongruenza di una lunga (lunghissima) lista che oramai è difficile anche solo chiamare in altro modo, se non genocidio.
L’impunità di Israele è oramai un caso di studio, avendo violato sistematicamente ogni regola di conflitto armato sempre con la solita scusa: voler distruggere “i terroristi”. E così ha bombardato scuole, moschee, ospedali, sedi di emittenti televisive e di giornali, hotel, campi profughi, infrastrutture, arrivando sparare persino (concretamente) sulla Croce Rossa.
Che adesso bombardi della gente inerme è quasi scontato, per quanto sia assurda una cosa del genere. Non c’è nessuno che alza la voce contro Israele, e guai a farlo: ancora aleggia l’accusa dell’antisemitismo. Ma quello compiuto da Israele cos’altro può essere, se non un genocidio? D’altra parte, gli stessi vertici politici e militari hanno apertamente detto di “gradire” l’idea di deportare i quasi 2 milioni di abitanti della striscia nei paesi vicini.
L’obiettivo di Israele, d’altra parte, è sempre stato quello di impossessarsi della striscia. Magari se ne farà davvero una riviera pacchiana come immaginato in certi video, chi lo sa. A questo punto però il problema non è questo, bensì l’incapacità di azione del mondo intero di fronte ad una ingiustizia così palese.
Il tutto ricade sulle spalle di gente il cui destino è oramai segnato, e della quale in fondo poco ci importa, se non riusciamo neppure a far valere delle regole che pure abbiamo cercato di rendere “globali” per evitare nuovi casi del genere. Ma è evidente che le regole non servono. Vige la regola del più forte, la prepotenza dilaga, e gli afoni – come al solito – si schierano sotto la protezione di chi picchia più forte.
Quella di Israele sarà ricordata come una delle più grandi infamie del secolo. Seconda ovviamente alla nostra indifferenza interessata.
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