Apprendiamo in queste ore che la città di Crotone si doterà di altre statue raffiguranti le sue “origini”. Dopo la sensuale Hera Lacinia che sarà posizionata il prossimo 5 aprile sul lungomare cittadino, ricircola una vecchia foto (risalente almeno allo scorso anno) di un palestrato Zeus, che dovrebbe essere la nuova scultura bronzea di prossima installazione. Chissà dove.
Dando la foto per vera, è d’obbligo il condizionale. Ma la curiosità è un’altra: la statua di Zeus viene presentata ai crotonesi con un trafiletto alquanto semplicistico, ossia come quella del “marito di Hera”. Dettaglio messo addirittura tra parentesi, e buttato nel compulsivo copia/incolla dei social. Una spiegazione buona per chi guardava Pollon in tv, un po’ meno per chi vorrebbe fare storia o cultura.
Perchè si, Zeus era il marito di Hera, ma era anche suo fratello. E sopratutto, era il rè degli Olimpi (e quindi dell’Olimpo), divinità più importante del pantheon ellenico, ricordata più che per le sue gesta per le sue scappatelle (anzi, stupri). Se è vero che nella tradizione è associato al matrimonio con Hera, sappiamo che ebbe almeno un’altra moglie prima di lei (Meti) e c’è oramai abbastanza certezza di almeno un altro caso (Dione) menzionato già nell’Iliade.
Prendendo poi un po’ di fondi sparse, viene fuori che ogni “amante” è descritta talvolta come “moglie”. Un modo per legittimare la cosa con occhi postumi? Non lo sapremo mai, e probabilmente poco importava all’epoca, dove la libertà sessuale era ben altra cosa anche rispetto ad oggi.
Risulta dunque una presentazione stucchevole, elementare, fatta tanto per. Cerchiamo per un solo istante di dare attualità ad una figura storica: Zeus proteggeva i viandanti, gli stranieri, i forestieri, e puniva chi non li rispettava e chi non prestava ospitalità. Tema estremamente attuale, come quello della sua gelosia violenta nei confronti di Hera, che appese a testa in giù nel bel mezzo di una tempesta per punirla (fino ad ucciderla, si ritiene, dopo una riconciliazione).
Ma al di là di tutto questo, se volessi fare davvero cultura, racconterei un altro episodio, ancora oggi radicato nella nostra lingua. Quello in cui punì una ninfa di nome Chelona, colpevole – si fa per dire – di non essersi presentata proprio al matrimonio di Zeus, che, oltraggiato, la trasformò in una tartaruga. Motivo per il quale ancora oggi, in dialetto, le tartarughe le chiamiamo jìlone (anzi, precisamente xhìlone, con xh pronunciato come un fischio).
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