Questa sera si svolgerà l’inaugurazione della statua di Hera Lacinia, sul lungomare cittadino. Dopo gli ultimi ritocchi e rifiniture, è stato allestito un palchetto ed è stata data una notevole sistemata alla piazza, con tanto di sfalcio delle erbacce, pulizia delle palme e ripristino delle mattonelle rotte. Una celerità inusuale, ma d’obbligo visto l’evento.
La statua (bella, davvero) sorgerà a poca distanza di un’altra scultura, più piccola, raffigurante il tripode, posta ad una sessantina di metri di distanza. Si vocifera anche di una nuova, imminente, installazione, forse sempre sul lungomare. Tutto rimanda ai miti greci, pur interpretati in salsa crotonese.
Salsa che ben si accosta al covatello, formato di pasta che – oramai dovremmo saperlo – era diffuso in tutto il centro-sud. Che centra con la statua di Hera? Di certo a quei tempi non mangiavano i covatelli (anche se qualche impresa locale afferma di usare una “ricetta millenaria”, al pari dei salumi che sponsorizza sui social).
Centra perchè il Comune di Crotone, sta puntando molto, evidentemente, nella costruzione di un’identità collettiva. Da una parte c’è quel patrimonio immateriale fatto di miti e leggende del passato, dall’altro c’è quel poco (pochissimo) che abbiamo ereditato dalle testimonianze del passato recente.
Ieri ad esempio leggevamo che proprio il Comune di Crotone ha riconosciuto, tramite apposita commissione (sic!) il cavatello come prodotto identitario crotonese. Ci sta. Anche se la tipicità sta nella ricetta (il sugo alla crotonese) e non nel formato di pasta. Ma a furia di ricordarlo, si finisce per passare come eccessivamente pignoli.
Poco ci manca che la stessa commissione si adoperi per attribuire il famigerato marchio anche alle vrasciole, ai pipi e patate, e qualsiasi altra pietanza degna di un post sui social. Difficilmente vedremo altri piatti, quelli sì poveri e frutto di secoli di stenti, rientrare nel novero delle “tradizioni crotonesi”. A noi ci piacciono solo le tradizioni belle, e ci prendiamo il lusso di fare un po’ (un bel po’) di cherry picking quando si parla della nostra storia.
Mi piace ricordare che oggi vantiamo Pitagora e la sua scuola, vorremmo erigerli statue dopo avergli dedicato murales, e lo riteniamo un padre nobile del nostro passato, senza però ricordare che furono gli abitanti di Kroton a scacciarglo e costringerlo all’esilio, forse persino ad ucciderlo.
La costruzione di un’identità senza una vera base storica è pericolosa, non tanto per l’ignoranza che alimenta, ma perchè ha evidentemente un doppio fine, in questo caso, verosimilmente, politico. E come ci ricordavano proprio i versi aurei attribuiti a Pitagora, “il potere abita vicino alla necessità“.
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