Sono surreali le parole del “capo” della Serie A italiana, Luigi De Siervo, che nei giorni scorsi è arrivato ad affermare che i problemi della nazionale di calcio sono causati anche dalla pirateria. A suo dire, la “mancanza di talenti” sarebbe dovuta anche ai mancati ricavi economici causati da chi sfrutta gli abbonamenti illegali, una cifra che ammonterebbe a circa 300 milioni di euro. Una bella cifra.
Sarebbe stato opportuno, però, rendere noto l’intero giro d’affari della Serie A, per avere un metro di paragone con quei 300 milioni di euro “sottratti” dalla pirateria. Perchè la Serie A italiana è la seconda a livello mondiale con una spesa di poco più di 5 miliardi di euro. Qualcuno potrebbe obiettare che la nazionale è un’altra cosa, gestita dalla FIGC, che ha comunque dei budget completamente differenti a fronte di un giro d’affari di 3,7 miliardi.
Ora, io di calcio ne capisco poco. Ma i numeri sono abbastanza alti, molto più alti di quei 300 milioni. E la domanda a questo punto è: se il calcio italiano fa girare davvero questi numeri, sicuramente più bassi rispetto al passato, può davvero incolpare la pirateria e lo streaming illegale per le sue mancanze?
Pare che De Siervo – che può beneficiare di uno stipendio da 800 mila euro l’anno più bonus – si nasconda dietro una foglia di fico, e forse lo fa appositamente: la pirateria è la scusa perfetta per chi non vuole ammettere responsabilità.
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