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Sull’attenti

Questa mattina nella cassetta della posta ho rinvenuto un foglio piegato più volte. Da un lato, la stampa del mio recente articolo sulle accuse di Petrini a personaggi del crotonese. Dall’altro, la scritta “ATTENTO”. Una sorta di lettera minatoria, un avvertimento, una minaccia. Chiamatela come preferite.

A mente fredda, mi chiedo ancora a che cosa, dovrei stare attento. Attento a riportare i fatti di cronaca? Attento a citare le fonti, i verbali? Attento a voler pubblicare nomi e cognomi? Attento a fare insinuazioni e collegamenti?

È una terra difficile, la nostra. E l’unica cosa verso la quale mi sento di dover stare attento, sono i suoi abitanti. I miei conterranei. Gente adulta (che dovrebbe essere matura) che manda avvertimenti come ai tempi delle scuole, nottetempo, con i foglietti imbucati per farti spaventare, come a dire “sappiamo dove abiti”.

Conterranei che saranno pronti ad ignorare il fatto, a metterlo in secondo piano, a lasciar correre. E quanti mi diranno, nei prossimi giorni, “ma chi te la fa fare“, “ma che te ne frega“, o “ma dovevi proprio scriverlo“.

Pazienza. Così come c’è voluta pazienza, in tutti questi anni, nel sopportare le minacce e le offese gratuite raccolte sui social: quando per lo stadio, quando per le opere pubbliche, quando per le infrastrutture, quando per la politica locale. Minacce di azioni legali, di “spaccarmi la faccia”, di “capire come funzionano le cose prima di parlare”.

In tutto ciò, la mia unica grande preoccupazione non sono le offese lanciate dalle tante tigri di carta locali. L’unica mia preoccupazione per il futuro è il lavoro. Il prolungamento della cassa integrazione. La prospettiva – sempre più concreta – del licenziamento. La disoccupazione a trent’anni.

Ci sono cose più importanti, alle quali stare attenti.

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