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Il brutto di lavorare nella GDO

Oramai da qualche mese lavoro quotidianamente nella grande distribuzione organizzata, tipologia di lavoro che non scarseggia e che forse rappresenta una delle poche alternative strutturate in città. È ancora presto per dare un giudizio, che mi riservo di esprimere alla fine dell’ennesimo contratto di lavoro a tempo determinato della mia vita.

C’è però un dettaglio che ritengo opportuno appuntare, ed è quello delle quantità. Non ci si rende mai conto fino in fondo di quanto spreco ci sia in attività del genere, per via di una questione meramente fisiologica vista la mole di alimenti in vendita. Tutto prima o poi “scade”, ma in corsia è una battaglia persa.

C’è poi un altro aspetto, ossia quello degli scarti alimentari: prodotti ancora buoni che per decisione aziendale devono essere buttati ugualmente. Un classico esempio può essere rappresentato dal pane-del-giorno-dopo, che deve essere smaltito anche se è ancora morbido, o dalla frutta, che deve essere scartata alla prima macchia.

Ad ogni rimostranza mi viene ripetuta la stessa frase: “Tu la compreresti una banana così?“. Giudicate voi, dalla foto, se la comprereste o meno. Perchè io lo farei. E sono sicuro che in tanti altri farebbero lo stesso.

A parte questo, nulla di nuovo all’orizzonte: solo un altro lavoro come tanti, che ha avuto inizio ed avrà (presto) una fine.

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