Le dichiarazioni del ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, sono gravi. Qualcuno ha già ricordato i precedenti referendum popolari contro il nucleare, ma il punto non è (solo) questo: il punto è che dobbiamo continuare a seguire la strada della produzione di energia pulita, senza scorciatoie.

Serve una transizione con la decarbonizzazione e il freno alla produzione di Co2, ma che dia tempo alla società di adeguarsi a queste trasformazioni”. Questa è solo una delle varie cose dette da Cingolani nel corso di un evento organizzato da Italia Viva. Non la più grave, non la più stupida, ma forse la più significativa, dato che è una frase che si sente ripetere fin dagli anni ’90, quando le rinnovabili erano sull’orlo di presentarsi al mondo.

La storia della “gradualità” di passaggio da energia a combustibile ad energia pulita è vecchia. Viene fuori ad ogni spauracchio di intervento costrittivo, ma proprio quest’anno è stata platealmente smentita. Quanto l’Unione Europea ha annunciato lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel – e dunque la necessaria produzione di soli modelli ibridi o elettrici – l’intero comparto industriale si è adeguato nel giro di qualche mese. Non senza rimostranze, certo. Ma lo sta facendo.

Fino al 2035 ne passerà di acqua sotto i ponti. Certo è che il bisogno di sfruttare energia pulita va, in un certo senso, imposto: altrimenti nessuno darà mai vita alla gradualità di cui si parla da decenni. Anche perchè avere tutti questi prodotti elettrici comporterà, necessariamente, un aumento del consumo: un paradosso che può essere sanato solo con l’impiego, progressivo, di energia pulita.

Eppure, il ministro – che tra l’altro è espressione del Movimento 5 Stelle, e che dell’ambientalismo ha fatto una battaglia continua anche su temi ridicoli e inconsistenti – è tornato a parlare dell’opportunità del nucleare. Un po’ come quel DVD che abbiamo ricevuto a casa un po’ tutti, dove Cecchi Paone ti spiegava il perché convenisse scegliere il nucleare.

Il concetto, però, non solo è lo stesso di allora, ma oggi si è maggiormente rafforzato: nessun paese in Europa ha investito nel nucleare, negli ultimi vent’anni. In Francia, ad esempio, si stanno portando a termine ancora oggi progetti che dovevano essere ultimati nel 2010. Nel Regno Unito si approvano i parchi eolici offshore, anziché nuovi reattori. Ed il resto d’Europa non ne vuole sapere, di impelagarsi nella costruzione di un reattore, che sia di seconda, terza o quarta generazione.

Il senso del voto di quei referendum era proprio questo: non impelagarsi col nucleare, ma dedicare l’equivalente di 10, 15 anni allo sviluppo di fonti sostenibili. E i risultati ci sono, con l’aumento di produzione green e l’interesse – anche privato – a tali soluzioni. Perché dovremmo fare questo passo in dietro?

Lo sa solo Cingolani, che parla di “ambientalisti radical chic”: concetto che condivido, ma nei casi più esasperati e privi di buonsenso. Per predisporci al futuro non dobbiamo pensare a reattori nucleari, ma a parchi eolici – anche in mare – e solari – non solo nei terreni, ma anche nelle città – per rendere ogni ambiente il più autonomo possibile.

Conviene di più investire in fonti di energia rinnovabili, che non i fonti fossili o minerarie. E conviene sopratutto in un’ottica di futuro. Altrimenti, non stiamo parlando di transizione ecologica, se le soluzioni proposte sono quelle di mezzo secolo fa.

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