Oggi ho svolto un nuovo esame informatico, il secondo nel giro di pochi mesi. Obiettivo era di ottenere il famigerato Digicomp 2, ovverosia quella certificazione riconosciuta a livello internazionale. Una sorta di nuova patente europea del computer, che verte su temi più vasti e sopratutto più recenti.

L’esame – che segue il basico corso di alfabetizzazione digitale – si compone in realtà di tre test, al termine del quale bisogna superare una percentuale di risposte esatte del 75%. Nella maggior parte dei casi, almeno per chi come me ne mastica di tecnologia ed informatica, non si tratta di cose impossibili.

Molte domande però sono apertamente contraddittorie, spesso al limite della correttezza. Senza contare gli evidenti errori grammaticali e di scrittura, ci si trova di fronte a domande come quella che vedete in foto, e per la quale – effettivamente – nessuna delle quattro risposte fornite è esatta. E ne ho scelta una emblematica, che purtroppo non è l’unica.

Come può infatti una VPN prevenire il furto dell’identità digitale? Al netto del livello di “sicurezza” dato dall’anonimizzazione dell’ip, nulla ci impedisce di cadere in una trappola, in un tentativo di phishing, di scaricare un virus, un keylogger nè di spiattellare le nostre informazioni personali su siti o social. Usare una VPN in questo caso non ci da nessuna garanzia.

Eppure, è “logicamente” la risposta esatta vedendo le altre proposte. Non mi resta che attendere il risultato del test (che arriverà nei prossimi giorni) per scoprire se l’ho passato o meno, mentre mi domando se siano davvero questi gli standard informatici europei

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