Ieri ho partecipato ad un interessante seminario sulla sismicità in Italia e, più in particolare, in Calabria. Evento degno di nota anche per la presenza di Carlo Meletti dell’INGV, che ha ripercorso la nostra storia sismica rendendola facilmente comprensibile per tutti.

Dal seminario, però, se ne trae una conclusione amara. Amarissima. Sopratutto a distanza di 15 anni dai fatti dell’Aquila, oggi raccontati come un trionfo dell’organizzazione italiana. Sarà…

Ad ogni modo, le osservazioni del professore sono state chiare: ancora oggi non si fa prevenzione. Tutto viene rimandato al post-catastrofe, poi gli stanziamenti vanno via via scemando. Addirittura, come nel caso dei fondi PNRR, sono stati dirottati i soldi per rendere antisismici gli ospedali. Tanto, che ci frega?

Viviamo in un paese altamente sismico, con milioni di persone che vivono in zone di massima pericolosità, e nonostante gli eventi catastrofici dei tempi recenti il problema è perennemente sottovalutato. Se è vero che per ogni euro speso in prevenzione se ne risparmiano cinque in caso di terremoto, com’è possibile che questi investimenti siano costantemente fermi?

Lo stesso prof ha ripreso gli ultimi due terremoti importanti, negli Stati Uniti ed a Taiwan. E se quelle scosse si fossero verificate qui da noi? Altro che grattacieli inclinati ma integri: saremmo tutti sepolti dai detriti. E lo sappiamo. Ne siamo consapevoli. Ma non ci importa.

Le priorità sono sempre altre.

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