Quando si dice che del maiale non si butta via niente, viene detta una verità assoluta. Che piacciano o meno, i frisulimiti sono un alimento conosciuto in tutta la Calabria, e non solo. In tutto il mondo viene preparato questo impasto, composto dal pezzetti di carne di scarto del maiale (come le orecchie, o la pelle, le zampe ecc) tritati, bolliti ed immersi nel grasso dello stesso animale (detto sùgna). Detta così, può sembrare non molto invitante, ma credetemi, sono ottimi! 🙂
Premesso questo, il mio interesse verso questa delizia non è dovuto solo alla sua bontà, ma sopratuttoal suo nome. Perché questo alimento viene chiamato frisulimite?
La risposta è molto semplice. Si tratta di una parola nata dall’unione di Latino e Greco, cosa non molto insolita sulla fascia Jonica Calabrese. In questo caso, troviamo la parola Latina frisul, che vuol dire sminuzzare, unita al suffisso greco ηματα, che letteralmente indica “passi”. Sembra un’unione impossibile, ma attenzione: in Calabria usiamo dire spesso “un passo di sazizzo“, indicandone un pezzo. Isomma, il termine “passo”, riferito alla carne del maiale (e spesso, più generalmente alla carne), è un sinonimo di “pezzo”.
Ora è tutto chiaro. Frisulimite vuol dire letteralmente “pezzi sminuzzati”.
Nel Crotonese, i Frisulimiti sono conosciuti anche come Fresulimiti, Risimugghji, Rasamugghje, Risimuglie e Rimasùgli, dove gli ultimi termini si riferiscono chiaramente a ciò che rimane dopo il taglio della carne (i rimasugli, i restanti).
PS: Una fetta di pane caldo e un po’ di pepe rosso sono la loro morte 😀
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