Questo pomeriggio a Rende faceva un caldo impressionante: il termostato della mia auto segnava 44°, quello del tizio dopo di me ne segnava 45°. I più fortunati si erano rinchiusi nei loro mezzi, con tanto di parasole montato, al fresco dell’aria condizionata. Noi poveri cristi attraversavamo una strada resa ancora più rovente da quelle auto, alla ricerca di una frasca per ripararci

Non è l’inizio di un racconto distopico, ma l’avventura che centinaia di persone hanno vissuto per partecipare ad un concorso pubblico. Un concorso mastodontico, per oltre 5 mila posti di lavoro. Organizzato contemporaneamente sia bene che male.

Il lato negativo, beh, è evidente. L’area scelta, in piena zona industriale, senza sufficienti parcheggi nè punti ristoro vicini, assolata e trafficata. E poi, l’orario: il turno delle 14:30, in piena controra. Una volta aperti i cancelli, tutti sotto delle pensiline dei parcheggi, alla ricerca di un po’ d’ombra e zuppi di sudore.

Presenti solo tre bagni chimici, posti – manco a farlo a posta – in un punto esterno ben esposto al sole. Dei forni puzzolenti, praticamente. L’accesso ad un’area con acqua, te fresco e caffè è stato consentito solo in un secondo momento, perchè i viveri non erano stati consegnati.

In certi momenti è impossibile non paragonare tutta quella gente – un migliaio di persone, ad occhio e croce – ad una mandria di animali assolata, nervosa, che scalcia per conquistarsi un posto: non solo il posto di lavoro, ma anche il posto all’ombra.

Al netto di questa evidente disorganizzazione, il resto è stato ben organizzato. Identificazione, applicazione del braccialetto con qrcode associato ad un tablet, quiz veloce ed uscita altrettanto rapida. Notevoli, però, i problemi di collegamento internet: impossibile capire quello che dicevano le commissioni da Roma.

Chi ha già provato sulla propria pelle cosa voglia dire partecipare ad un concorso pubblico (perdere una giornata intera in qualche area periferica di Roma) non potrà far altro che ammettere, quanto meno, che l’impiego di sedi decentrate è un grande aiuto. Il tutto, al netto dell’incapacità organizzativa che ci contraddistingue.

Alla fine dei conti, però, seduto su quel banchetto in mezzo a tanti altri disperati come me – gente di tutte le età, dai ragazzini agli anziani – non posso fare a meno di pensare a quanto ci si appigli ad una possibilità. L’idea di un posto di lavoro (a tempo determinato, tra l’altro), la remota possibilità di passare, le tante persone che devi, tuo malgrado, tentare di scavalcare.

Il lavoro come una guerra, come una competizione. Che non inizia con la preparazione: inizia fuori dall’area dei test, quando devi già difenderti da chi tenta di passare avanti, quando devi farti spazio per guadagnarti un po’ d’ombra.

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