Costruiamo le nostre città per ammirare le bellezze naturali che ci circondano. E nel farlo, non ci chiediamo mai come si vedono le nostre città cambiando punto di vista. Guardandole, ossia, proprio da quelle bellezze naturali che tanto decantiano.

Passeggiare sul lungomare di Crotone è piacevole. Fare lunghe passeggiate sulla spiaggia lo è ancor di più. Almeno finchè si guarda il mare. Quello specchio d’acqua, quel bacino, quel golfo mancato per pochi chilometri. Il nostro pensiero e focalizzato sulle piattaforme, ora come ora su quell’enorme mostro d’acciaio che fa sembrare le altre installazioni dei giocattolini.

Che brutte che sono, queste piattaforme. Rovinano il paesaggio. Rovinano l’ambiente. Ma non solo loro: la polemica riguarda anche la possibilità di installare un parco eolico marino. Insorgono i cittadini crotonesi, parlano di scempio, di brutalità, di violenza. In realtà tutelano (o sperano di tutelare) solo ciò che vedono, il panorama, l’orizzonte.

Perché durante una di queste passeggiate sul lungomare o sulla spiaggia basterebbe girarsi dall’altro lato, guardare, cioè, non il mare, ma la terra. E forse solo li renderemo conto di cosa sia uno scempio ambientale, uno sfregio, una violenza. Basta guardare com’é costruita la nostra città, e come continuiamo a costruirla.

A poche decine di metri dal bagnasciuca non ci sono altro che muri. Muri alti anche decine di metri, cemento che contribuisce a ridurre l’estensione della spiaggia. E sotto a quei muri ci sono tubi, canaloni di scolo che raccolgono le acque piovane e non solo.

La città, d’altra parte, si trova ad appena 8 metri sul livello del mare. E quel dislivello lo si vede tutto quando, anzichè guardare l’orizzonte, si guarda la città. Terrapieni, muraglioni, scogliere, tutto artificiale: la linea di costa proviamo a deciderla noi, per poi lamentarci dei “danni” delle mareggiate.

Oramai il danno è fatto, direte voi. Ed è così. L’intera costa verso Capo Colonna è martoriata da costruzioni sulla spiaggia, oramai lambite dall’acqua che ha consumato le spiagge. Si tratta solo di tempo, per completare un processo di cementificazione in corso da più di mezzo secolo, e che proseguirà negli anni a venire.

Non ci resta, dunque, che scorgere il mare evitando di guardare verso noi stessi.

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