Questa mattina, sul presto, lo smartphone è stato preso d’assalto dalle notifiche sulla disastrosa apertura delle borse europee dopo la disastrosa chiusura delle borse asiatiche. Un risultato che ci si attendeva, ma che è stato ben peggiore del previsto: indici come quello di Taiwan hanno registrato il risultato peggiore di sempre, e si stima siano stati “bruciati” oltre 890 miliardi di dollari in appena qualche ora. Numeri inconcepibili per noi comuni mortali, ma che stanno intimorendo anche i più fiscali esperti del settore.
Non c’è bisogno di entrare nel merito della questione – impossibile, non essendo un esperto di finanza – però, per capire che la situazione è quanto meno tesa, se anche gli economisti americani (persino i più vicini a Trump) si starebbero muovendo per cercare una via d’uscita ad una situazione che oramai è riconosciuta globalmente, già in partenza, come una guerra senza vincitori. La scommessa di Trump si starebbe rivelando un azzardo, con scarsi margini di riuscita, e dovremmo accendere un riflettore su quanto sia dannoso e pericoloso l’accentramento di potere di cui gode il presidente americano, che di fatto sta scombussolando l’economia di mezzo mondo sulla base di una falsa pretesa economica.
Oggi si terrà una nuova riunione a livello europeo, per “decidere” come rispondere ai dazi. Decidere è una parola grossa, perchè sebbene la maggior parte dei paesi dell’unione sia concorde nel fornire una risposta compatta ed unitaria (leggasi: rispondere ai dazi), c’è anche chi non è d’accordo. Tra questi c’è, purtroppo, anche l’Italia: la premier va dicendo di continuare sulla strada negoziale, questa mattina, di fronte ai dati terribili delle borse, Tajani chiede di evitare l’escalation. La risposta è dunque squisitamente italiana: succube, prona.
Il negoziato è ciò che vogliono gli Stati Uniti, per imporre le loro tariffe. O forse, come sostengono sempre in più, per costringerci ad acquistare il loro debito. È l’aguzzino che ti offre una via d’uscita. Perchè lasciargli questo margine d’azione? Perchè star qui ad ascoltare le fesserie di Trump o Musk, che ora chiede un futuro senza dazi? Sembra tutta una grande presa per i fondelli. E noi ci stiamo.
La reazione pavida, afona, che continua a segnare la politica italiana in questo caso è grave. Sopratutto se paragonata all’interventismo europeo, che sta mettendo sul piatto contromisure economiche unitarie. La guerra commerciale non si può evitare, perchè è già cominciata. Accettare i negoziati americani servirebbe a poco, se non a salvare la faccia a livello politico: ma a che pro, di fronte ad una crisi economica globale provocata, questa volta, dal capriccio di un capo di stato?
La risposta deve essere una sola: una risposta ai dazi. Come già fatto dalla Cina, come sta per fare il Giappone. Per far capire – in modo plastico, economico – che gli Stati Uniti hanno bisogno del resto del mondo per continuare a vivere come vogliono, e non il contrario.
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