Oggi avrei voluto scrivere di tutt’altro, ma è impossibile ignorare quanto sta accadendo, ancora una volta, in medio-oriente. Questa notte Israele ha lanciato una nuova offensiva – ribattezzata Rising Lion – bombardando questa volta l’Iran, ed annunciando platealmente di voler proseguire per almeno due settimane. Tutto ciò mentre continua a bombardare la Striscia di Gaza, la Cisgiordania ed il sud del Libano.
Mettiamo subito in chiaro che l’Iran non è un paese per cui simpatizzare, neppure lontanamente. Sfocia nel ridicolo chi crede che le “guardie rivoluzionarie” siano gli ultimi baluardi all’imperialismo americano o alla cultura occidentale, idea romanzata e propagandata ad arte. Ma non possiamo neppure ignorare che anche l’Iran – per quanto battagliero e guerrafondaio – non abbia fatto sostanzialmente nulla, ed è stato attaccato preventivamente in quanto minaccerebbe l’esistenza di Israele.
L’accusa è, ancora una volta, quella dell’arricchimento dell’uranio ai fini di realizzare una bomba atomica. È un argomento complesso per più motivi, anche se sono note le preoccupazioni internazionali per i livelli di arricchimento raggiunti (sfiorerebbero il 90%), andate ben oltre le percentuali consentite per la produzione di energia elettrica. Sarebbe oramai certo che esistano diversi “siti segreti” sotterranei, ma tuttavia, al momento, pare che la possibilità di assemblare un ordigno atomico sia ancora piuttosto remota.
È tutto un forse (com’era un forse il gas iraqeno?), ed in questo forse sguazzano le bombe. La “diplomazia” internazionale – leggi americana – è ancor più violenta, con Trump che afferma che i prossimi attacchi “saranno ancora più brutali” ed invita gli attaccati ad accettare un negoziato per salvare la pelle. Un modus operandi tipicamente americano, perfezionato con le popolazioni amerinde.
Tutto ciò continua a cozzare con la retorica mantenuta fino a qualche anno fa con l’invasione ucraina: siamo passati dal dover difendere il popolo attaccato/invaso senza sè e senza mà, al giustificare i continui bombardamenti preventivi israeliani su paesi terzi. Il tutto perchè questi paesi terzi minerebbero alla base l’esistenza di Israele.
Ritorna dunque in sordina un vecchio concetto coloniale tanto caro (e dimenticato) a noi europei, il lebensraum, l’idea di uno “spazio vitale” da conquistare ad ogni mezzo. Concetto che ha motivato tante pagine nere della nostra storia, come la spartizione dell’Africa e dell’Asia meridionale, ma mai del tutto superato. Come altro motivare anche i recenti presunti piani per “colonizzare” la Groenlandia ed il canale di Panama, da parte degli Stati Uniti? Sono loro stessi a parlare di “risorse strategiche” necessarie alla sopravvivenza del paese.
Si prospetta dunque un nuovo tempo di razzie, di scippi, di guerre fratricide, in un occidente che si è sempre proclamato superiore ma che, in fondo in fondo, non ha mai superato quel peccato originale che è anche il mito fondativo della nostra civiltà, ed è basato – ancora oggi – sullo spargimento di sangue.
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