Oggi sono stato a Castelsilano in occasione della ricorrenza dei quarant’anni dall’incidente aereo riguardante un presunto mig libico. Questa decisione si è resa necessaria per tentare di dare uno spazio – per quanto minimo – alle poche memorie storiche rimaste. A quei testimoni oculari di uno dei misteri più chiacchierati di allora e di oggi.

Senza entrare nel merito della vicenda (ci scriverò un articolo a parte, sperando che interessi), sono riuscito a trovare un contatto grazie alla Pro Loco di zona, e grazie all’interesse della neo-presidentessa in carica. Questo mi ha permesso di incontrare un uomo che partecipò alle operazioni di soccorso, e di raccogliere la sua preziosa testimonianza.

Non sono in molti a voler parlare. Un’anziana che abita proprio a ridosso della vallata, e che fu testimone oculare di tutta l’operazione e dei suoi risvolti, si è agitata alla sola richiesta di “qualche domanda”. È evidente che sono state fatte delle forzature, in questa vicenda, e la voglia di parlare è poca. C’è diffidenza, più che paura.

Ma l’uomo che ho incontrato non ha avuto ripensamenti: mi ha raccontato quello che ha visto, quello che ha fatto, mi ha indicato dei punti con la sua impressionante conoscenza del luogo, spiegandomi dettagli che mai ho letto in nessuno dei numerosi libri, articoli e servizi che ho riletto in questi mesi.

È questa, daltronde, la proverbiale “memoria storica” di ogni posto ed ogni luogo. Questi uomini e queste donne conservano, intatte, le vicende di luoghi dimenticati e spesso mistificati, un po’ come Castelsilano: finito al centro di un intrigo internazionale, nessuno ha mai dato troppo peso al racconto dei suoi stessi abitanti.

Tra le tante curiosità che mi ha raccontato, andando oltre la vicenda del mig, ci sono delle curiosità che voglio approfondire. Ad esempio, riguardo la costruzione del cimitero di Savelli: a quanto detto, gli abitanti non lo volevano, e presero più volte a sassate gli ingegneri incaricati di progettarlo.

O ancora, la storia di un brigante locale che si era rifugiato nelle valli, che come ultimo desiderio prima di essere ucciso chiede del pane di grano: prelibatezza proibita, che costringeva i briganti a cibarsi di pani fatti di farine di cereali.

C’è veramente tanto, tantissimo, nelle menti di queste persone. Storie spesso al limite del vero, leggende, che meritano di essere raccolte e conservate. La speranza è che qualcuno, oltre al sottoscritto, se le prenda a cuore per lasciare qualcosa di scritto a chi verrà.

Aggiornamento: l’articolo è stato pubblicato qui.

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