Ieri sera mi è capitato di intravedere, mentre facevo zapping, l’inizio di Porta a Porta: come ospiti c’erano le mogli dei combattenti del battaglione Azov, che tra le lacrime hanno ripetuto ciò che sentiamo sempre più spesso, e che inevitabilmente finiremo per credere. Li per lì non sono stato ad ascoltarle, ma il loro piagnisteo è stato ripreso un po’ da tutta la stampa nazionale: vere e proprie aberrazioni, falsità e frasi ad effetto che dovrebbero farci balzare dalla sedia. A partire dal paragone con i partigiani, che non può valere proprio (ed esclusivamente) agli appartenenti di tale battaglione.

Sin dall’inizio del conflitto abbiamo scelto di schierarci con l’oppresso e non con l’oppressore. Un caso più unico che raro, a vedere i conflitti del passato. Ma ciò non deve tradursi in un’amnistia totale, nè bisogna cedere alla propaganda (astuta) che il governo ucraino continua ad imboccare a mezza europa. In Italia, purtroppo, stiamo assistendo ad una sistematica mistificazione della realtà non solo per mano di tutti i filo-putiniani nostrani, ma anche per mano di chi sta tentando di accreditare un movimento neonazista come “partigiano”.

Già, neonazista. Le povere mogli in lacrime dicono di non chiamarli così, non sono fascisti men che meno nazisti. Eppure, nel 2018 il congresso americano (che ora sta dando armi ed aiuti tattici a più non posso) bloccò l’esportazioni di armi a Kiev. Il motivo? Queste finivano ad una “controversial ultranationalist militia in Ukraine that has openly accepted neo-Nazis into its ranks“. Aggregatore di suprematisti bianchi di mezza europa, l’Azov è solo uno dei battaglioni di estrema destra (per usare un’eufemismo), che si trova in buona compagnia assieme a: Shaktar, Aydar, Myotvorets, Donbass, e Dniepr.

Nel 2014 già si parlava – fuori dall’Italia, ovviamente – del curioso paradosso dei fascisti a difesa della libertà. Probabilmente è un problema di inquadramento: quella che vediamo non è una guerra di liberazione, bensì una guerra tra due nazionalismi, quello ucraino e quello russo. Ogni paragone con la resistenza ed i partigiani è un’oscena concessione ad una serie di milizie che fino a poco tempo fa cercavamo di contrastare anche online. Ma la memoria è corta, ed oggi tutto questo background è andato perso.

Non resta che berci le lacrime di quelle povere donne, tristi, piangenti, che in un pulpito di bugie vogliono ricostruire la verginità dei propri mariti. Daltronde glielo stiamo permettendo, e mezza europa è disposta a chiudere un occhio sui crimini compiuti dai battaglioni ucraini in questi anni.

2 risposte a “La propaganda sul battaglione Azov”

  1. […] qualche anno fa parlava del battaglione Azov come ritrovo di criminali estremisti di mezza europa, ora lo santifica e lo paragona alla resistenza, ai partigiani. L’ho già detto e lo ripeto: abbiamo scelto […]

  2. […] tv turche sono solo immagine e che la vita li non è tutta rose e fiori, ma che ci importa? Abbiamo glorificato il battaglione Azov accostandolo alla resistenza dopo anni di denunce (cadute nel vuoto) nei suoi confronti, di cosa ci […]

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