Negli ultimi mesi ho notato una diaspora dei giornalisti crotonesi: dalle loro testate stanno lentamente “migrando” verso altri lidi. C’è chi lo fa perché ha in previsione di chiudere la baracca (o di abbandonare la nave prima che affondi), c’è chi lo fa perché è insoddisfatto del proprio posto o del lavoro che svolge in città. E tanti altri motivi che non mi va di elencare.

Qualcuno si è spostato tra le colonne del Corriere della Calabria, mentre il punto di approdo prediletto di molti sembra essere ancora (purtroppo) LaC. Inutile negare il fascino di una grande realtà regionale, che finisce per attirare non solo i semplici commentatori cittadini ma anche gli auto-blasonati direttori di testata.

Sembra, in somma, che tutti vogliano scrivere qualcosa su LaC. Tutti hanno qualcosa da dire che pare valga la pena pubblicare, e non lo fanno più sulle testate locali, cittadine, ma su una testata regionale che, notoriamente, non considera più di tanto il crotonese.

Forse l’effetto delle realtà iper-locali sta svanendo. Forse alcuni giornali hanno perso interesse tra i lettori, anche per via di atteggiamenti e comportamenti spesso al limite della correttezza. O forse dovremmo ammettere che non abbiamo poi così tanto da dire: questo è ciò che ho imparato in questi anni da “giornalista”.

Finirà anche questa corsa alle firme corsare, questo spasmo da condivisione mosso solo dal vedere il proprio nome su una grande testata. E forse, finirà anche l’era di una città con decine e decine di giornali cittadini fini a loro stessi.

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