Dal Consiglio dei Ministri di oggi non ci si aspettava molto, e va quanto meno riconosciuto alle cariche istituzionali il merito di aver centrato le aspettative. La passeggiata a Cutro è servita più come passerella politica che non come atto concreto, fino al punto paradossale: il naufragio in sè è passato in secondo piano rispetto alla “lotta” contro i trafficanti.

In fin dei conti, oggi è stata una giornata persa. Dopo ore di lavoro ed un pranzo in fretta e furia, ci si è catapultati in una città deserta di abitanti ma straripante di forze dell’ordine (tra 700 ed 800 unità dei vari corpi). Il tutto per una fugace salita di scale di qualche faccia nota, o per vedere dal vivo qualche presentatore. Ed il cerimoniale, ed i sorrisi, e le parole scambiate con i giornalisti di mezza Italia (e non solo): e poi, la chiacchiera politica riprende come un disco rotto. Così come la senti in tv. Non c’è altro che un copione da ripetere.

Un mantra. Che è quello della destra. La “vicinanza” e la “solidarietà” alle vittime si manifesta senza neppure andarli a trovare (daltronde, dopo il tentativo di trasferimento coatto, la visita sarebbe stata poco gradita), perché basta stare in piedi qualche secondo – il tempo di qualche scatto – di fronte ad una targa per scrollarsi l’obbligo di dosso.

E poi, una veloce sottoscrizione dei punti all’ordine del giorno, già discussi ed approvati. Una mera formalità. Una semplice volontà di mettere quelle firme qua giù in Calabria anziché altrove. Firme che non riguardano solo l’immigrazione, ma poco importa. L’idea comune e che i ministri siano qui per parlare di quello. Principalmente di quello. Solo di quello.

E di nuovo, ogni tentativo di parlare del naufragio e delle evidenti responsabilità delle forze dell’ordine italiane è vano. La risposta è una: non ci hanno detto che era una situazione di pericolo. Classico scaricabarile. Non siamo in grado di valutare noi, ce lo deve scrivere Frontex: vogliamo il disegnino. La politica daltronde serve anche (o sopratutto) a rigirare la frittata.

I ministri sono venuti a Cutro per dire quello che già sappiamo: che loro ce l’hanno con gli “scafisti”. Non con chi organizza la rotta, non con chi recluta le persone nè con chi le accoglie qui da noi. No. Loro sono incazzati neri con gli scafisti, ed hanno deciso di introdure un nuovo reato (fino a 30 anni di reclusione) proprio per loro.

A qualcuno è già saltato all’occhio che il nuovo reato contiene espressioni discriminatorie e scorrette, ma il vero capolavoro probabilmente rimarrà quello della Meloni, che ha dichiarato di voler perseguire gli scafisti per “tutto il globo terracqueo“. Un bizantinismo, una parola vuota, un nonsense, che è venuta a dire proprio in Calabria, a Cutro, dopo la tragedia che c’è stata.

Cos’è un politico, se non un trafficante di parole? Si porta dietro sempre e solo il suo carico di nulla, e sulla buona (o cattiva) fede di chi lo ascolto trae il suo guadagno. Ripeterà sempre le stesse cose, si professerà sempre estraneo o innocente, avrà sempre un capro espiatorio, ed amen. La vita va avanti. Almeno per chi vive.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.