Ho una fitta al cuore. Perché il lavoro è importante, ma lo è anche il rispetto delle proprie opinioni. E quindi sono molto combattuto dall’idea di dover riattivare dei profili sui social network, seppur di servizio sia ben chiaro.

È un discorso che ho già affrontato molte altre volte, e posso dire di aver vissuto bene e meglio in questi anni senza niente. Ma al contempo il lavoro come giornalista mi piace, ed è inevitabile dover tracciare una linea tra volontà e necessità.

Già, necessità. Perché i giornali non se li filano quasi più. I lettori diminuiscono anche online. E l’unico modo per tenere alta l’attenzione (e dunque, redditiva l’attività di lavoro) è quello di essere presenti un po’ ovunque. Di pubblicare un po’ ovunque. Di farsi trovare con facilità.

È un concetto che aborro. Le cose che interessano vanno cercate. Ma è evidente che non sono in molti a pensarla così, oggigiorno, e dunque “serve” una direttina da un minuto (ma pure meno), qualche immagine accattivante, qualche condivisione. Poi si scade in vere e proprie frodi da clickbait, purtroppo sempre più tollerate.

Ma tant’è, e rieccomi a gestire pagine, post, commenti, roba che fa perdere ore ed ore ma che forse permetterà di salvare il lavoro.

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