La contestata area in realizzazione
La contestata area in realizzazione

Sarò anche lontano da casa, ma non mi perdo gli ultimi aggiornamenti. Molto discusso e sentito (per fortuna) è il progetto di riqualificazione antistante la chiesetta di Capo Colonna. Il progetto Spa 2.4 (approvato nel 2013) prevede una serie di operazioni per restaurare e rimettere a nuovo tutta l’area del Parco Archeologico, compresa una nuova rete fognaria, il rifacimento delle strade, un’adeguamento informativo e informatico all’interno del museo, il recupero di edifici ed una serie di interventi da effettuare direttamente sulle opere archeologiche. Sono stati stanziati ben 2,5 milioni di euro.

Alcuni lavori sono in corso dallo scorso Dicembre, altri sono partiti in questi giorni. Il più contestato è la costruzione di un nuovo lastricato antistante la chiesetta. Il motivo della contestazione consiste nel fatto che la colata di cemento verrebbe posata direttamente sui resti del foro romano, occultandolo per sempre.

Qualcuno si è sbizzarrito, per poi ritrattare. Si è addrittura arrivati a dire che quei resti erano sconosciuti, e venuti a galla solo dopo l’inizio di questi lavori. Ma non è proprio così. La presenza di resti è nota da tempo, tant’è che il selciato in ghiaia (come si può notare da qui o dalle tante foto che avrete in famiglia), e prima ancora lo strato abbondante di terra, vennero depositato proprio per non intaccare i resti, in attesa di una soluzione diversa. Nello specifico, il foro pare essere risalente al 194 a.C..

Premesso che una colata di cemento non è mai una bella soluzione, bisogna anche essere obiettivi e realisti. Adesso, c’è la corsa all’indignazione. C’è chi cavalca l’onda per rimarcare i propri temi e le proprie richieste, per spingere il proprio partito nel solito gioco “noi l’abbiamo fatto e voi no“, o, come va di moda adesso, “noi c’eravamo e voi no“. E, come sempre, c’è chi si sbatte da molti anni e chi si sveglia solo adesso.

L’area di Capo Colonna è da sempre un pallino fisso dei Crotonesi, sia quelli realmente interessati sia quelli che semplicemente amano parlare. È bello vedere che c’è un interessamento, anche se non è il massimo constatare che questo viene mosso “a priori”. Ossia, senza considerare pienamente la situazione.

L’area archeologica non è mai stata realmente ben messa. E lo stato attuale (che ha richiesto una serie di interventi) ne è una prova tangibile. Le piaghe che questa deve sopportare sono tante: abbandono, incuria, vandalismo, scarsa considerazione. Ma anche elementi del tutto naturali e atmosferici, come l’erosione del vento e, sopratutto, dell’acqua, e quella silenziosa frana sottomarina che procede. Il mix che ci si pone davanti agli occhi è questo: un’angolo storico di non indifferente importanza completamente abbandonato. In quest’ottica si pongono, dopo molti anni di attesa, tutta una serie di ammodernamenti e ristrutturazioni, che come scopo hanno quello di preservare al meglio possibile i resti del parco.

Tra queste operazioni di ammodernamento, ve ne sono due che hanno attirato in particolar modo l’attenzione: la realizzazione di una serie di tettoie protettive da porre sopra i mosaici, e la realizzazione di un lastricato di cemento antistante la chiesetta. Vi consiglierei di scaricare il progetto e prenderne visione, in quanto veramente ben fatto, così da avere un’immagine reale di quello che si andrà a fare.

A porre i primi dubbi ci avevano pensato due associazioni locali già lo scorso anno, prima dell’inizio dei lavori. Ad oggi, hanno preso a cuore la causa il gruppo M5S locale, che ha presidiato attivamente il cantiere al fine di impedire i lavori finché non saranno rivisti, e FN, che si è limitata a fare un comunicato stampa. Ad attirare maggiormente l’attenzione è proprio l’opera di realizzazione del lastricato, che deturperebbe il pasaggio e diminuirebbe il valore storico del sito. Insomma, la colata di cemento non la si vuole!

Il problema, in realtà, non è tanto la colata di cemento, che avrà l’atteso fine di realizzare un piazzale pedonale realmente utile (e che occasionalmente sarà usato a mo di parcheggio), bensì la totale “tombatura” di un resto archeologico non accuratamente studiato e definito. Per quanto sia vero che la presenza di resti sotto al piazzare fosse nota, è pur sempre vero che il reperto non è mai stato analizzato a dovere. Nello specifico, si parla delle basi di un muro e di un colonnato, che, si pensa, appartenessero ad una corte. Ma non si sa altro, e quindi non lo si può dire con certezza. A tal proposito, vista la scoperta, si sarebbe sicuramente potuto evitare di procedere frettolosamente alla copertura in cemento, per dedicare qualche mese (approfittando del periodo con meno affluenza di persone) a scavi e ricerche più approfondite.

L’altro intervento invece riguarda l’installazione di tettoie protettive per i reperti già esposti. Anche in questo caso, c’è chi grida subito allo scandalo e c’è chi invece, più oculatamente, analizza i rischi e le possibile problematica provenienti da questo tipo di intervento. L’uso di tettoie protettive è una pratica comune in tutti i parchi archeologici d’Italia e del mondo. Da Locri a Sibari, fino a Pompei e Verona, sono presenti delle tettoie protettive su diversi scavi. Nello specifico, l’intento è quello di rendere finalmente visibili i mosaici delle terme, da anni ricoperti da ghiaia al fine di prevenire danni.

Adesso, cerchiamo di essere obiettivi. Gridare allo scandalo non serve a nulla, dato che finalmente il parco archeologico ha ricevuto un po’ di considerazione. Ne tantomeno serve (o ha un’utilità) cercare di promuovere una sorta di battaglia politica per questo o quel partito. Il parco archeologico necessita di molti di questi interventi, al fine di essere più fruibile da parte di tutti. Senza dimenticare che questi due interventi sono da sempre richiesti, sopratutto dalla popolazione. Quante volte avete sentito dire, parcheggiando nello sterro davanti alla chiesa, che il comune l’avrebbe potuto pure stendere un po’ d’asfalto? O, ammirando i resti coperti dalla ghiaia, che nessuno ha interesse a preservarli? Personalmente, non le conto.

Sotterrare un reperto archeologico non è bello, ed è sicuramente da considerarsi una perdita. Dovremmo saperlo bene, noi Crotonesi, dato che reperti storici dello stesso periodo (e non solo) sono sepolti un po’ ovunque, dall’ospedale allo stadio, da Via Carrara a Via Napoli, così come in tutto il Centro Storico, e così via. Certo, questa non deve essere una giustificazione per autorizzare una cementificazione selvaggia, ma non si può fare neanche l’opposto. Pensare di dover esporre tutto ciò che si trova, è decisamente utopistico. Decisamente diverso, e decisamente giusto, è invece bloccare i lavori per esaminare i reperti, catalogarli, documentarli e comprenderli. Perché solo così si può andare avanti rimanendo in contatto con il passato.

La discussione sulle tettoie invece si protrae da anni, ed è simile a quella che si fa con le pale eoliche. In molti casi si considera la tettoia una forzaura, o comunque un’elemento architettonico che non centra nulla con il contesto. D’altra parte, la tettoia funge da protezione, e, per quanto brutta, preserva i resti molto più di quanto non faccia una tombatura con terra o ghiaia. Scavare sotto delle antiche fondamenta romane è qualcosa di rischioso, che può intaccare tutta l’opera se fatto male! Ma si registrano pochi danni a seguito di questi interventi, che sono invece riusciti ad ampliare l’esperienza di molti parchi archeologici, permettendo di esporre a pieno interi scavi.

Quello che bisogna capire, è che non si tratta di un discorso “a favore di tizio o caio“, ma a vantaggio nostro, e sopratutto a vantaggio del parco archeologico. Non è a rischio l’importanza del parco, ne è a rischio la sua immagine. L’area di Capo Colonna ha ancora molto da dare, chissà quanto! Ma va anche resa fruibile dalle persone. E, anche sotto questo aspetto, c’è ancora molto da fare. Perché sennò finisce come il tempio dedicato ad Apollo Aleo a Cirò Marina, presso Punta Alice (più precisamente, tra la pineta e la salina): la storia di Filottete e del suo arco, con annessi reperti storici, trasformati in un campo di pascolo perché tanto nessuno sa come arrivarci (o, peggio ancora, non sa dell’esistenza del sito).

Se qualcuno si chiede cosa potrà raccontare ai propri figli a seguito di questi lavori, dovrebbe tenere a mente l’incredibile quantità di informazioni, storiche e non, che la nostra terra offre. Potranno deliziare i propri figli (e non solo) raccontando di quello che una volta sorgeva in Piazza Villaroja, così come delle imponenti mura difensive della città, dei reperti sul monte Santa Lucia, o del vecchio corso dell’Esaro (o della storia del suo nome). O del vecchio scoglio, che è rimasto in bilico per molti anni prima di cadere al suolo. Di cose da raccontare ce ne sono più che a sufficenza, basta saperle. E chissà quante ancora non si sanno! Quante cose dovrebbero essere esposte al museo del mare e della terra (Vrica e Stuni), e quanti siti, anche neolitici (si pensi a località Suverito, ma anche Alfieri), dovrebbero essere rivalutati e consati a dovere.

Il bello di conoscere il proprio territorio, consiste proprio nel non farlo morire. Mai. Finché ci sarà gente consapevole di ciò, e finché ci sarà gente realmente interessata a ciò, il resto fisico avrà un’importanza non secondaria, ma diversa. E si, sarebbe bello, anzi, bellissimo, fantastico, avere ogni resto esposto e curato come si deve. Ma questa opzione è poco applicabile in un qualunque territorio con una lunga storia, come il nostro.

Bisogna fare i conti anche con le necessità e i bisogni della popolazione: un’anziana mi raccontava di come, quand’era piccola, facessero il pellegrinaggio verso Capo Colonna solo via spiaggia/mare, affrontando una fatica non indifferente. Considerata vera prova di fede, questa si “lamentava” di chi affrontava il pellegrinaggio sulla nuova strada, affermando che, quanto meno, bisognava andare scalzi. Oggi, si va con uno spirito (ed una attrezzatura) completamente diversa. Ma il pellegrinaggio è stato preservato, si fa tutt’oggi, e si continuerà a fare. Ritengo che l’importante sia questo, ovviamente accoppiato al doveroso ricordo di come si usava fare una volta.

Dobbiamo fare lo stesso, secondo me, anche con il nostro bel parco archeologico. Accettare, con spirito differente dal passato, che non tutto può essere preservato e conservato, e che, in certi casi, è meglio avere un’opera utile per chi andrà a visitare il sito piuttosto che un nulla di fatto. Anche sotto questo aspetto (ossia il tanto proclamato “turismo”) bisogna essere realisti. Non è l’opera archeologica in se a fare turismo, purtroppo. Non arrivi fino ad El Jem senza aver preso visione di cosa andare a vedere, e quanto meno prima di partire ti fai un’idea di alberghi, ristoranti ed altro. Bisogna raggiungere anche un buono standard a livello organizzativo (e di presentazione) se si vuole davvero puntare ad attirare qualcuno.

Detto questo, una summa. Strumentalizzare non è una bella cosa, ma protestare è un diritto. Chi sta li, a difendere le proprie idee, fa bene. Ma dovrebbero pensare anche a chi da sempre aspetta dei lavori di riqualificazione. Avere un’occhio critico è un dovere, ma usarlo per promuovere solo un punto di vista, usato più che altro per avere seguito (e non è il caso delle associazioni), è anch’esso un abuso. Protestare contro la colata di cemento (e parlare genericamente di cementificazione selvaggia e insensata) non è proprio giusto, dato che questa sarà effettivamente utile, e avrà un senso nel contesto. La modalità scelta per effettuare il lavoro, che potremmo definire quanto meno “frettolosa”, è l’unico elemento realmente contestabile in tutto il discorso, oltre alle giuste preoccupazioni per l’innesto dei pali nel terreno.

In conclusione, il parco archeologico di Capo Colonna è un bene comune, e come tale appartiene a tutti. Ai Crotonesi, ai Calabresi, agli Italiani, al mondo. La situazione di questo parco era alquanto critica, ed una ventata di novità non può che essere positiva (se accuratamente progettata ed effettuata, ovviamente). L’apertura di un nuovo piccolo museo (per esporre tante cose di solito “nascoste” per mancanza di spazi), la ripresa degli edifici vicini, e magari una maggiore considerazione da parte di tutti, aiuteranno sicuramente il nostro bel parco archeologico ad essere un punto d’interesse, quantomeno regionale, più di quanto non sia oggi.

Aggiornamento 1: A seguito delle richieste di dimissioni avanzate dal guppo M5S locale, Simonetta Bonomi, responsabile del procedimento, ha risposto con un comunicato.

Aggiornamento 2: E’ stata pubblicata la lettera inviata dal ministro Maria Carmela Lanzetta a Dario Franceshini, per lamentarsi delle modalità di esecuzione dei lavori.

Aggiornamento 3: Il presidente della regione Mario Olivero ha confermato l’avvio di una indagine conoscitiva sui fatti.

Aggiornamento 4: Il sindaco di Crotone, Peppino Vallone, ha attaccato il ministro Lanzetta per le sue affermazioni.

Aggiornamento 5: La Commissione Archeologica del Comune di Crotone chiede al sindaco di fermare i lavori.

Aggiornamento 6: Il Comune di Crotone (ed il sindaco) risponde che da parte loro non c’è nessun problema ad effettuare degli ulteriori controlli.

Aggiornamento 7: Il ministro Lanzetta ha risposto alle accuse mosse da Vallone.

Aggiornamento 8: La riunione tra associazioni locali, movimenti e istituzioni non ha portato a nulla. Il progetto è rimesso nelle mani del Ministero. Si vocifera che la Bonomi abbia affermato di voler andare via dalla Calabria o da Crotone.

Aggiornamento 9: Il sindaco Vallone cambia idea, e si schiera dalla parte dei comitati cittadini.

Aggiornamento 10: La mattina del 3 Febbraio si è tenuto l’incontro tra i rappresentanti dei comitati e gli ispettori del Mibac. Interessanti le considerazioni del Dott. La Rocca rilasciate alla fine dell’incontro.

Aggiornamento 11: Il ministro Franceschini ha risposto a chi gli chiedeva conto dei risultati dell’ispezione del Mibac. Sostanzialmente, ha confermato il progetto iniziato. Insolito l’attacco rivolto dal Crotonese.

Aggiornamento 12: Sono ufficialmente ripartiti i lavori del sacrato. Gruppi locali e associazioni hanno annunciato che continuerann a protestare, ma verosimilmente il lavoro verrà portato a termine.

2 risposte a “Storia, fango e cemento”

  1. […] la chiesetta di Capo Colonna infatti è stato rimosso a partire dal 13 Luglio 2015 (lo riportavo qui), mentre l’elisoccorso di Crotone non corre nessun rischio, essendo stata smentita la sua […]

  2. […] notare l’organizzazione e la migliore gestione del vasto complesso archeologico. Mentre qui stavamo a fare la guerra alle tettoie, il parco di Sibari si estendeva, si ampliava, si migliorava: ed oggi offre un’esperienza che […]

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