Non saprei proprio come inquadrare le affermazioni di Michele Emiliano, che ha finito per mettere definitivamente nei guai il sindaco di Bari, Antonio De Caro. Perché aldilà dell’azione repressiva (o quantomeno intimidatoria) del Governo, la pezza proposta dal governatore pugliese è peggiore del buco.

Sappiamo bene infatti che basta un non nulla per ritrovarsi coinvolti in qualche indagine giudiziaria, pur essendone spesso estranei. Un numero di telefono salvato in rubrica, qualche telefonata, dei messaggi: tanto basta a configurare un ipotetico reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Vale tanto per i politici ma anche per i giornalisti.

Risultano dunque di una gravissima “leggerezza” le parole di Emiliano, che racconta – ad una piazza gremita di gente e telecamere – dell’incontro con la sorella di un boss di quartiere di Bari, alla quale “affida” l’attuale sindaco. Ok, la frase sarà stata esposta male, sarà stata anche fraintesa: ma c’era proprio bisogno di raccontare quell’episodio?

Proprio nel momento in cui aleggia l’ipotesi di infiltrazioni mafiose in uno dei comuni più grandi del sud Italia, l’episodio poteva benissimamente essere bypassato. Perché adesso ogni ricostruzione reale dei fatti passerà in secondo piano rispetto a quelle parole, a quel “tel’affido”: tanto basta per scaldare la politica ad ogni latitudine.

Questo è quello che si chiama oversharing. Ed è evidente che il centrosinistra ancora non abbia un piano chiaro per fronteggiare questi autogol che finiranno, inevitabilmente, per avvantaggiare quella destra che si dice di voler combattere.

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