Qualche mese fa, commentando l’assurda proposta di Elon Musk da 44 miliardi di dollari per acquistare Twitter, avevo messo in conto che potesse trattarsi di una mossa speculativa. Non la reale intenzione di rilevare il social network, bensì una palese manipolazione del mercato: una cosa che a Musk esce molto bene, e che gli viene concessa grazie alla sua aurea da imprenditore illuminato.

Ma Musk, che è un buon pirata finanziario, se ne fotte. Anche perchè, pur dovesse pagare una penale da 1 miliardo, con questi suoi annunci ha guadagnato 8.5 miliardi vendendo azioni Tesla. Se non era una speculazione questa, ditemi voi cos’è.

Resta un solo dilemma di fondo: ciò che fa Musk è legale? Perché lo fa da anni, molto più spietatamente di tanti altri suoi competitor, e non sembra importare a nessuno il suo intorbidire le acque per trarne profitto. È legale? Ha senso? E sopratutto, come può essere un buon investitore uno che si comporta così, che si rimangia la parola?

Misteri del capitalismo. Steve Jobs passò per rivoluzionario vendendo a caro prezzo smartphone prodotti a quattro soldi in Cina, Elon Musk è un visionario che vende aria fritta made in Usa. Guadagnano miliardi, vendono per miliardi, e noi stiamo qui a farceli passare come esempi.

Ad ogni modo, ben gli sta a Twitter: il consiglio di amministrazione non avrebbe mai dovuto permettere una tale decisione, evidenza che anche i social network sono mossi dal profitto. Pecunia non olet, no?

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