Rischiano di essere sepolti dal cemento i massi provenienti dal tempio di Hera. Così un post pubblicato ieri sui social dal crotonese, con relativo articolo. La vicenda e nota e riguarda l’oramai leggendaria costruzione del porto nuovo con i resti provenienti da Capo Colonna, tra cui vi sarebbero anche alcune colonne.

Tra mito e realtà di acqua ne passa, ma una cosa è certa: oltre alle decine di cannoni usati come ormeggi, tra gli scogli del porto vi sono diversi blocchi di arenaria presi direttamente dall’area degli scavi. Che si tratti di parti del tempio o di altri edifici, invece, non è certo. Sono però in ogni caso dei reperti archeologici.

L’archeologia è una cosa seria. Mentre l’interesse dei crotonesi all’archeologia è a fasi alterne. Perché non sono passati poi molti anni dalla “crociata” a difesa dello stadio cittadino, a scapito del reperti archeologici ivi sepolti.

Al tempo, diversi giornalisti della medesima testata firmavano una lettera-appello nella quale si leggeva: “Che senso ha, in questo momento, continuare a difendere dei reperti che probabilmente resteranno sotterrati per altre decine di anni e non permettere di utilizzare una struttura che non ha creato alcun danno a quei preziosi resti antichi, ma solo permesso di creare economia in un territorio allo stremo?“.

Capite bene che la stessa ratio può essere applicata anche nel caso del porto. Che senso avrebbe, secondo questa logica, continuare a difendere dei reperti che probabilmente rimarranno alla rinfusa sui frangiflutti fino a deteriorarsi completamente, bloccando di fatto dei lavori per un’infrastruttura in grado di creare economia in un territorio allo stremo?

Nessuno chiederà conto di tali affermazioni. Nessuno riterrà il paragone valido. Lo stadio di Crotone è intoccabile, e dimostrazione ne è il fatto che dopo la querelle con la Soprintendenza e le chiacchiere sulla nuova struttura, tutto il discorso è evaporato. Svanito nel nulla. Perché l’intenzione di tutelare l’area archeologica non c’è.

Basterebbe ammetterlo. Dire chiaramente che quelli sotto lo stadio sono “quattro sassi”, irrilevanti rispetto al nostro patrimonio storico. Che non ce ne frega nulla. Anzi, no: ce ne frega. Ma solo quando ci fa comodo.

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